venerdì 28 novembre 2014

Losing my religion

Vuoto. 
“Un’ombra lontana. Il mio mentore e la sua espressione sdegnata. Il mio medaglione distrutto...”

Tunf.
“Io bambina. Il volto di mia madre che mi bacia mettendomi a dormire. 
La lama che le trapassa la gola. Il fiotto del suo sangue che mi inonda e le mie urla mute.”

Tunf. Tunf.
“Io caduta. Io inerme. Io tirata su di forza da mani estranee. 
I cani in lontananza.”

Tunf. Tunf. Tunf.
“Mi stanno mangiando. Dilaniano la mia carne. Mi stanno sbranando. 
Nessuno fa nulla. Ma dove sono? Cosa accade?”

Tunf. Tunf. Tunf. Tunf. Tunf.
“Perdo i sensi. Perdo sangue. Non capisco... Ridono... Perché?”

Quello che Aryannae vedeva non era reale, né il suo mentore,
non sua madre, non i cani... 
Ma il suo sangue che scorreva lungo le lame delle asce del suo migliore
amico, quello sì, era reale... 
Aryannae lasciava Eberron sotto i fendenti di Logan.

Tunf. Ascia piccola. Tunf. Ascia grande. Tunf. Pugnale.

Logan il morfico, Logan il compagno d’arme.
Logan... Logan che faceva incubi strazianti, 
quello da proteggere, da calmare, da rieducare...
Logan che non vedeva più Aryannae
ma sentiva quella risata,
vedeva quella mano,
percepiva quell'odore... 
Tutto frutto d’un inganno della mente.
Messi alla prova, la loro volontà aveva ceduto e l’aberrazione aveva vinto.

Dal Quor aveva vinto.

E li aveva resi schiavi, burattini, appesi alle fila dei loro peggiori incubi,
guidato da cieco furore l’uno e immobilizzata da terrore e disperazione l’altra...

Deneb aveva provato a fare qualcosa, ma l’ira di Logan l’aveva reso immune ad ogni suo tentativo di dominargli
la mente. 
Il tempo correva. Logan era forte, troppo forte, una macchina da guerra. 
Quante volte ne avevano scherzato insieme? Un testone vuoto con la forza di un bue e
la precisione di un cecchino... Letale.
E infatti gli erano bastati pochi colpi ben piazzati per finirla e ridurla in brandelli... 
Sangue ovunque, ormai un involucro vuoto, la chierica di Dol Arrah giaceva in terra esanime, 
mentre il suo aguzzino e amico di sempre lasciava le lame per imbracciare arco e frecce e
puntarle verso il cielo, verso Deneb... 

Un ultimo respiro. 
Non c'è più sangue nelle vene, 
né aria nei polmoni, 
non c'è scintilla negli occhi, 
né palpito del cuore, 
né fede nell'anima.

Solo vuoto.


domenica 23 novembre 2014

Il cacciatore silenzioso - la danza delle lame.

Ricordo ancora il corpo del druido ai miei piedi, la sua testa spaccata, con il volto sfigurato lì dove è entrata la mia lama. Ricordo ancora il corpo esanime di Tike, e il viso solcato dalle lacrime di Aryannae.
Ricordo la donna inginocchiata vicino la morfica.
La ricordo scuotere la testa, lentamente, piangendo.
“Logan, non ce l’ha fatta”
Ad un tratto il tempo si è fermato.
Ho sentito il battito del mio cuore, il mio respiro e le ferite che si andavano, lentamente, rimarginando.
Ricordo di aver stretto le else delle mie armi fino a sentire ogni singola irregolarità delle impugnature.
Ricordo la chierica venirmi ad abbracciare, cercando di consolarmi, mentre ho giurato vendetta a tutto il popolo della foresta lì, dove erano riuniti i loro capi.
Aryannae. E’ sempre stata l’unica a domare il mio lato animale.
Dopo la furia,ricordo un senso di sconfitta, di non esser riuscito a salvare un’altra persona a me cara.
Peggio, dopo tante avversità, tanti combattimenti, tanta sofferenza, non sono riuscita a salvarla dai miei simili.
Non sono riuscita a salvarla da me stesso.
Morfici. Ora ho capito perché umani ed elfi ci evitano. Siamo animali. Peggio, siamo animali con capacità umane. Non adatti a vivere in comunità, ma capaci di sterminarle.
La cosa più straziante non sono le ferite, non è la sconfitta, non è la consapevolezza di non essere come i miei simili.
La cosa che più fa male è ricordare.
Mentre cavalchiamo verso il villaggio, ricordo tutto.
Ricordo di aver urlato contro il druido quando è venuto con Tike.
Ricordo di aver urlato quando ha puntato il dito verso Aryannae.
Ricordo di aver promesso di non parlare.
E questa volta, questa promessa non mantenuta, le mie parole, hanno decretato la morte di una persona. La morte di una persona amata.
Questa volta è stata l’ultima volta.
Ricordo ancora le parole del mago.
 “Sii un cacciatore, ma sii un cacciatore muto”, mi disse una volta Deneb, "Quando parli fai solo danni. Lascia parlare gli altri".
E allora, da oggi, sarò un cacciatore muto.
Da oggi, solo le mie lame parleranno. E saranno loro a decretare, con la loro danza, il diritto di vita o di morte.

mercoledì 5 novembre 2014

Tabatha VS Tabatha

Prima di pubblicare frammenti degli appunti di Tabatha,
eccone un assaggio con in primo piano la lotta
per la scelta della miniatura.

martedì 23 settembre 2014

Dal diario di Deneb - Risalendo il fiume nello Xen'drik

"Questi giorni di viaggio e relativa calma sono una manna dal cielo, finalmente ho potuto studiare come non facevo da tempo, ancora un po' e sarò in grado di potenziare la quantità di incantesimi che potrò lanciare. Ho anche ritagliato del tempo per scrivere delle pergamene, torneranno utili sicuramente.
Non c'è molto da fare a bordo quindi passo parte del mio tempo nell'osservazione della flora e della fauna di queste terre selvagge. Sto prendendo appunti su gli animali incontrati, ce ne sono di bellissimi. Ho anche notato dei nuovi esemplari, sembrano delle lucertole ma di dimensioni gigantesche, con fauci piene di denti appuntiti. Li vedo passare il loro tempo al sole con la bocca spalancata, ho avuto modo di osservare come siano agili in acqua e come si nascondano molto bene appena sotto il livello del fiume. Il capitano dice che sono molto pericolosi e non ho intenzione di sperimentarlo in prima persona. Stilerò un compendio su queste terre selvagge, ho intenzione di divulgarlo al nostro ritorno a Sharn." 

RISALENDO IL FIUME





"Risalire quel fiume era come compiere un viaggio indietro nel tempo, ai primordi del mondo, quando la vegetazione spadroneggiava sulla terra e i grandi alberi erano sovrani. Un corso d'acqua vuoto, un silenzio assoluto, una foresta impenetrabile; l'aria calda, spessa, greve, immota. Non c'era gioia nello splendere del sole. Deserte, le lunghe distese d'acqua si perdevano nell'oscurità di adombrate distanze

Joseph Conrad, "Cuore di Tenebra"

giovedì 18 settembre 2014

SILAS, LA STUDIOSA DELLA PROFEZIA DEL DRAGO

giovedì 11 settembre 2014


SION

domenica 7 settembre 2014

Dal diario di Deneb - De l'abbordaggio in volo e l'apprendista

"Quando siamo stati abbordati in volo e l'aeronave stava precipitando, ricordo bene il volto del mago che dirigeva le operazioni, così come ricordo il suo potere magico. Ha provato a bloccarmi con la magia, quale oltraggio...
Non potevo far altro che abbatterlo col fuoco. Ero ansioso di mettere le mani sul suo libro degli incantesimi e questo ha offuscato il mio raziocinio. Non succederà una seconda volta. Avrei dovuto avvalermi delle capacità di Logan per inseguirlo. 

Ma tornando al mago, non riuscivo a collocarlo nel tempo e nello spazio. Come quando riconosci un volto ma non ricordi dove lo hai visto.

Quando siamo ritornati a Sharn, in locanda, tutto mi è parso più chiaro. Il nano mercante!!! E' il suo apprendista quello che ha guidato l'assalto all'aeronave!!!

Non so se il mercante sia coinvolto, a dire il vero il suo apprendista sembrava troppo svogliato per fare l'apprendista. Sto lavorando per entrare nelle grazie del mercante prendendolo per un suo punto debole: il cibo.

Purtroppo è partito ma ho chiesto al gestore della locanda di offrirgli dell'ottimo vino da parte mia al suo ritorno. Devo scoprire di più su chi sia.

Non so se mettere al corrente di tutto ciò anche gli altri. Logan mi sembra troppo paranoico ultimamente e per convincere mia cugina Tabatha devo trovare qualcosa di più economicamente convincente. Per quanto riguarda Arianne, è troppo scossa per la storia del suo padre superiore e la restituzione del suo simbolo sacro, non vorrei aggiungere variabili a tutto questo intrico.

Vedremo, il sonno porta consiglio.... "

giovedì 4 settembre 2014

Logan - Un nuovo compagno (Una strana lettera, parte II )


Continuando a leggere la lettera, la chierica assume un’aria sempre più seria.
“Dice che è stato contattato dal mio superiore e che ha qualcosa da consegnarmi.E che questa consegna…dovrebbe…avvenire in un posto sicuro?” recita la chierica, un’espressione di perplessità le vela il viso.
“Non mi piace” dice Logan, cercando di dare una sbirciata alla lettera, “E comunque io vengo con te. Non si sa mai che…”
“Andiamo tutti, allora”, si intromette Deneb, il tono della voce come di chi abbia già preso una decisione la nome di tutti.

Sulla via della chiesa,  Logan posa una mano sulla spalla del mago e applica una leggera pressione, quasi a segnalargli di fermarsi.
“Ehi, ma cos…Logan!” protesta Deneb, cercando di divincolarsi dalla presa
“Shhhh, fai piano” gli sussurra il morfico “Camminiamo un po’ più lentamente. Dobbiamo parlare” dice, lasciando andare la spalla del compagno.
Massaggiandosi la spalla dolorante, e lanciando un’aria torva al morfico, Deneb rallenta il passo, adeguandosi a quello del ranger.
“Spero che sia molto importante, Logan. Lo sai che odio il contatto fisico”
“Deneb il Magnifico. Suona bene, eh?”
Il mezz’elfo si gira verso il morfico, inarcando un sopracciglio “Prego?”
“Deneb il Liberatore? Che te ne pare?”
Il mago annuisce, lentamente, socchiudendo gli occhi “Si…certo. Un chiaro caso di dementia sonnabulis. Gli incubi continuano eh? Sarà mia premura procurarti dell’altra pozione” dice, affrettando il passo per raggiungere Tabatha e Aryannae
Logan sopprime a stento un ringhio frustrato, rinnovando la presa sulla spalla del mago, tirandolo di nuovo a sé
“Non così veloce, Deneb” dice, serissimo.
“Logan, ti avverto..” dice Deneb, alzando un dito a mo’ di monito
“Stammi a sentire, Deneb. Ti ricordi quello che mi hai detto sul balcone di quella locanda tutta-lusso?”
“Si, mhh, più o meno”, afferma il mago
“E dimmi, come fare a conquistare una città se non si possiede un esercito?”
Il mago sgrana gli occhi, ridacchiando
“Ah, conquistare? No, proprio no, Logan. Penso tu abbia frainteso le mie parole. E poi lo sai che io non amo essere posto al centro dell’attenzione…”
 “Neanche se dovessi avere al tuo fianco delle persone fedeli? Delle persone che non ti tradirebbero mai?”
L’espressione del mago si fa pensierosa, il suo sguardo verso l’alto, mentre porta una mano al mento.
“Dei contatti potrebbero esserci molto utili. Degli agganci non si rifiutano mai” dice, annuendo
“Non si tratta di veri e propri contatti, Deneb. Si tratta di persone. Persone che, una volta liberate dalla merda in cui si trovano, potrebbero tornare a vivere”
“Parli per caso dei bassifondi, Logan?”
“Si. Parlo dei bassifondi. E ti sto chiedendo una mano, Deneb.”
Deneb si ferma, mettendosi di fronte al morfico.
“Ci sono porte che non possono essere aperte, Logan” dice, con uno sguardo serio “E, nonostante le tue intenzioni siano nobilissime, ricordati questa cosa: ci sono strade che portano alla gloria. Altre, tuttavia, ti portano ad affogare nelle più sordide delle latrine”
“E ci sono strade e porte che possono essere tranquillamente persorse e aperte da dei fulmini, Deneb”, ribatte Logan. Un sorriso, quasi di sfida, si apre sul volto del morfico.
“Vedremo” dice Deneb, aggiustandosi la tonaca “Nel frattempo, siamo arrivati”


Il tempio in cui si trovano, per quanto possa ricordare Logan, è dedicato ad una divinità a protezione della conoscenza. La cosa sembra essere confermata da una libreria che pare estendersi per tutta la lunghezza del corridoio che precede la navata, al centro della quale spicca una larga pila in pietra, rotonda, contenente dell’acqua.

Il gruppetto d’avventurieri viene prontamente ricevuto dal chierico, che viene loro incontro con un sorriso che fa trapelare l’emozione del vecchio umano.

“Oh, grazie agli dei figliola. Sei giunta finalmente”
“Salve, reverendo”, dice Aryannae, sfoggiando un sorriso smagliante “Mi chiedevo come mai tanta premura nel vedermi. Lasci che le presenti i miei amici..”
“Tutto a tempo debito, cara fanciulla” dice il vecchio, interrompendola e muovendo la mano su e giù, quasi a fermare le parole della giovane chierica
“Venite, venite, seguitemi di là”

La stanzetta, una sagrestia, è arredata in maniera molto spartana.I grossi mattoni di una parete sono coperti da un arazzo, raffigurante i simbolo della divinità a protezione della chiesa. Un’altra parete è adibita a libreria, con gli scaffali traboccanti di libri. Gli altri due muri sono spogni di qualsiasi decorazione o adorno. Ad uno dei due è addossata una cassapanca, mentre l’altro ospita una scrivania. Probabilmente questo è un luogo di raccoglimento per il vecchio uomo, cosa suggerita anche dalla scarsa illuminazione.
E  proprio da una delle ombre, poco dopo l’ingresso degli avventurieri, si fa avanti una figura, ammantata con una cappa scura e il viso coperto da un cappuccio.

“E quello chi cazzo sarebbe ora” ringhia Logan, impugnando un’ascia e puntandola verso la misteriosa figura, mentre con l’altra mano slaccia il laccio di sicura per l’ascia più grande
“Oh, benedetta pace!” esclama il chierico, spaventato, la voce resa affannosa dalla paura
“LOGAN! Metti subito giù quell’arma” gli intima Aryannae, per poi dirigersi a passi decisi, ma gentili, verso l’estraneo
“Signore” dice la chierica, con una leggera riverenza “con chi avremmo il piacere di parlare?”

L’uomo, un elfo, abbassa il cappuccio, esibendo un sorriso bianchissimo.
“Io sono Sion, e sono qui per consegnarvi qualcosa da parte del vostro Padre Superiore” dice, avanzando verso il gruppo
“Co…cosa?” chiede Aryannae, incredula
L’elfo si limita ad annuire, mantenendo il sorriso, e producendo una piccola scatola di velluto rosso dall’interno della cappa.
“Il suo superiore ci teneva affinchè ve lo consegnassi di persona” dice, porgendo il dono alla chierica che, titubante, lo accetta, ignorando i ringhi di avvertimento di Logan.

“Non è possibile…questo…non è possibile…” sussurra Aryannae, guardando un’ultima volta il contenuto della scatola in maniera fugace, prima di richiuderla e rivolgersi nuovamente all’elfo “Come…come l’avete trovato…come…”
“Ritrovare cose è il mio mestiere”, dice Sion “E il vostro superiore mi ha mandato qui a darvelo. Sapeva che vi avrebbe fatto cosa molto gradita”, continua, ammiccando.
“FERMI TUTTI” ringhia Logan, visibilmente incollerito, rivolgendo uno sguardo infuocato alla giovane chierica “Aryannae, cazzo, mi vorresti spiegare com’è che il tuo superiore sa dove ci troviamo? E mi spieghi per quale cazzo di motivo ora questo vecchio” continua, indicando il chierico con l’ascia “fa da intermediario tra te e il tuo superiore?”
Aryannae piega di lato la testa, cercando di analizzare una domanda che le pare non avere senso
“Facile, io e il mio superiore ci siamo spesso scambiati missive. E in una lettera gli ho detto di aver conosciuto  lui” dice,  candidamente indicando il chierico con un dito
“Ma che cazz…COSA? Ma ti rendi conto di quello che mi stai dicendo Aryannae? Ma per tutti i fottuti dei, cazzo! Ti sei scambiata missive con il tuo superiore per tutto questo tempo?”
Aryannae, visibilmente contrita dall’esclamazione blasfema del compagno, lo indica con un dito, a mo’ di monito “Innanzitutto, Logan, vedi di moderare i termini. E poi cosa ci dovrebbe essere di male? Ti vorrei ricordare…anzi, ti vorrei INFORMARE, che le missive del mio clero viaggiano su canali sicuri”, continua la chierica, portandosi i pugni al bacino e guardando il morfico con un’aria di altezzoso sdegno.
“Eddai, Logan, e non essere così paranoico” interviene Tabatha, con il suo piglio snob, roteando in aria la mano, come facendo segno con la mano di lasciar perdere la faccenda.
“Io paranoico? IO? Ma per gli dei tutti, per questa stronzata delle lettere poteva rivelare la nostra posizione al nemico. Anzi, ai NEMICI. E se qualcuno avesse intercettato le lettere eh? “
“Logan, stai diventando DAVVERO paranoico ora” interviene a sua volta Deneb “Posso confermarti che le lettere viaggiano su canali sicuri, è vero. “
“Ah si? Bene, io non mi fido dei canali sicuri. E pensa un po’ a questa cosa, Aryannae”, incalza Logan “E se per arrivare a noi avessero fatto del male al tuo superiore? EH? Questa cosa ti è sfuggita, sapientona?”
L’ultima affermazione sembra  particolarmente colpire la chierica che, sgranando gli occhi , cerca di balbettare una risposta.

In suo aiuto interviene Sion, il suo sorriso sicuro non è mai svanito dal suo volto.
“Le lettere viaggiano su canali sicuri in entrambi i lati. E quando si vuole essere particolarmente sicuri, si manda gente come me” dice.
Logan torna a studiarlo, notando che l’elfo è dotato di una armatura leggera di cuoio particolarmente scura  e di una spada. Ai piedi calza degli stivali foderati, che gli permettono di muoversi silenziosamente.
Conosce già quel tipo di equipaggiamento.
“E cosa cazzo faresti tu, sentiamo” gli chiede, un’aria di sfida nella voce
“Io?” risponde l’elfo, sicuro “Io recupero le persone”.

Dopo poco, gli avventurieri sono di nuovo in strada, diretti in locanda. Il gruppo comprende anche l’elfo, che si trattiene poco distante dal resto del gruppo a parlare con Logan.
“E quindi dimmi, elfo. Sei un recuperatore. Sai recuperare anche persone?” gli chiede il morfico, continuando a tenere una mano su un’ascia e scrutando l’interlocutore con aria sospettosa
L’elfo, per tutta risposta, rivolge uno sguardo sdegnato al morfico
“Dire che recuperare  si adatti più agli oggetti che alle persone.”
Recuperare significa portare qualcosa, o qualcuno, da un posto ad una persona che sta cercando l’oggetto, o la persona, in questione, elfo.”
“Allora, mettiamola così, caro amico: con il giusto compenso, ti potrei portare la persona che tu desideri”
“Mandato dalla chiesa un cazzo. Sei un fottuto mercenario come tanti altri allora.”
Il sorriso, questa volta ironico, torna ad affacciarsi sul viso dell’elfo
“Perché, non siamo tutti mercenari alla fine?”

Arrivati in locanda, il gruppo di avventurieri si viene accolto dall’oste che, notando un elemento in più, li fa accomodare ad un tavolo più grande e più in disparte.
Fatte le dovute richieste per la cena alla giovane cameriera, Deneb si rivolte al nuovo ospite, un sorriso cortese sul suo volto, sebbene il suo sguardo tradisca un fredda determinazione:
“Allora dicci, Sion, per caso sai trovare anche le persone, oltre agli oggetti?” 

domenica 31 agosto 2014

Logan - Una strana lettera

Deve esserci un modo più facile. Donne, bambini, uomini che non siano già diventati marci fino al midollo.
Uomini da mettere al servizio della gente, ragazzi da formare in soldati, in veri uomini. Se solo Deneb…

I suoi pensieri vengono bruscamente interrotti dal gracchiare di Corax che, quasi a metterlo in guardia,  viene subito seguito da un colpo di tosse da qualcuno di fronte a lui. Prima di alzare lo sguardo, Logan sa già chi sia.

“Ehi giovanotto mattiniero. Cos’è, oggi la colazione non ti aggrada?” dice l’elfo, accordando lo strumento.

Logan viene riportato alla realtà e, abbassando nuovamente lo sguardo verso il piatto, si accorge solo ora di non aver mandato giù neanche un boccone della sua colazione. Piuttosto, ha disposto il cibo a formare quella che sembrerebbe una mappa. Una mappa pre-missione. 

“Ne ho vista gente giocare con il cibo” dice il bardo “ma questo è…piuttosto peculiare” continua, socchiudendo gli occhi e arricciando un angolo della bocca, quasi a voler capire.

Prima era tutto più facile. C’era un solo nemico, c’era un solo alleato.

“Non è niente”, dice Logan, infastidito da quella interruzione del locandiere, mentre con un rapido colpo di cucchiaio disfa il piatto. “Gli altri? Si sono visti?” chiede il morfico, tornando alla sua solita espressione scontrosa, quasi di sfida.
Il locandiere accenna un sorriso, quasi paterno.
“Giovanotto, guardati intorno. Il sole è appena sorto. Siamo soli.”
Logan si guarda lentamente in giro, e si accorge che, si, lui e l’oste sono gli unici presenti in sala. D’un tratto, tutto diventa più chiaro. L’ennesimo incubo, il suo scendere nella sala da pranzo e il sedersi ad un tavolo isolato, tra le ombre. Si ricorda anche l’espressione incredula, quasi spaventata, dell’oste nel trovarlo lì.
Un sorriso fa capolino sul viso del morfico.
“Già, siamo soli”, dice, prima di mettere da parte il piatto e incamminarsi verso l’uscita.
“Se me ne portassi un po’ di quella selvaggina, male non farebbe” gli urla dietro il locandiere.
Logan prosegue diritto
Non ti piacerebbe  pensa, calando il cappuccio sul capo, e dirigendosi verso i bassi fondi.


Al suo ritorno, Logan trova i suoi amici in camera di Deneb.

“Oh, ecco il solito ritardatario”, dice il mago con un’espressione infastidita.  Deneb, si sa, odia essere interrotto.
Logan saluta tutti con un cenno del capo “Scusate”, dice,  chiudendosi la porta alle spalle e non facendo caso allo sguardo torvo di Deneb.
“Stavamo discutendo cosa dobbiamo condividere con Viorr” interviene Tabatha, “ma sicuramente tu non avrai voglia di sentirlo, vero Logan? I tuoi affari sono molto più impor…”
“Oh Tabatha, non iniziare a spaccarmi il cazzo” la interrompe il morfico, alzando in dito quasi a monito.
“DENEB! HAI VISTO COSA MI HA DETTO LOGAN? DIFENDIMI!” dice Tabatha, lamentandosi con una vocina quasi isterica.
Deneb emette un sospiro di esasperazione e, lanciando un’occhiataccia al morfico, continua il suo discorso
“Visto che ora siamo TUTTI qui – Tabatha ti prego non farci caso -  possiamo metterci d’accordo su cosa dire a Viorr. Cosa condividere e cosa no. E’ molto importante che…”

Il mago viene nuovamente interrotto, questa volta da qualcuno che bussa alla loro porta.
Il mago schiocca la bocca, roteando gli occhi al cielo, e sospira di nuovo, evidentemente infastidito.
“La porta”, dice, sistemandosi la toga e cercando di riacquistare una espressione neutra
“Vado io”, dice Logan, sciogliendo i lacci che tengono le asce assicurate alla sua cintura, e portandosene una dietro la schiena, prima di aprire la porta e farvi capolino.
Di fronte a lui trova quello che sembra essere un giovane messo.
“COSA VUOI” gli abbaia contro il morfico
Il giovane si ritrae di qualche passo, spaventato dall’aggressività del suo interlocutore
“C-c-ci sarebbe…ci sarebbe una missiva per” inizia il ragazzo, degluttendo un grosso boccone di saliva “Una missiva per la signora…s-s-s-signorina Aryannae”, continua.
Per tutta risposta, Logan sbatte la porta in faccia al giovane umano, girandosi verso i propri compagni
“Una lettera per Aryannae”, dice, la mano ancora sulla maniglia “Vado a vedere di cosa si tratta”.
“NO, vado io”, interviene la chierica “Lettera per ME, vado IO”, dice, inforcando l’uscita, non prima di aver rivolto una riverenza beffarda al morfico e un sorriso al giovane messo.
Ringhiando, il morfico la segue, sentendo l’odore degli altri suoi compagni dietro di lui.

Aprendo la lettera, Aryannae si lascia sfuggire un’espressione di stupore:
“E’ quel chierico che ho incontrato tempo fa. Mi vuole incontrare nel suo tempio…” 

giovedì 28 agosto 2014

La storia di Sion


Sion guardò in alto verso la luna.
Gli elfi non hanno bisogno di metodi astrusi o strumenti meccanici per calcolare lo scorrere del tempo.
Il mondo ha sempre parlato loro rivelando le sue regolarità attraverso segni e fenomeni che solo quel popolo eletto sa riconoscere ed interpretare.
Era in anticipo. Come sempre. Sion sorrise e si strinse nel mantello mentre si alzava il vento.
Silenzioso e fluido, raggiunse con passi sinuosi e perfetti un piccolo chiostro a qualche ora dalla città. Il luogo era meta di sosta per mercanti e viaggiatori durante il giorno, ma la notte non vi era anima viva.
Il buio non era un problema. La vista degli elfi dona loro confidenza anche con le tenebre.
Poco a poco fece conoscenza con le rocce e le colonne di quel luogo. Gli parlò il vento e le pareti gli diedero il benvenuto con il loro freddo silenzio.
Sion allargò per un istante le vesti per nascondere le mani sotto al mantello.
Minuti inesorabili. La luna si era mossa impercettibilmente per chiunque, ma non per lui.
Il vento si placò e alcuni timidi passi solleticarono l'udito dell'elfo.
Sion serrò le labbra ed una mano istintivamente andò all'elsa del pugnale.
Una figura esile, sicuramente femminile, entrò nel chiostro con un incedere così delicato che per un istante Sion pensò che fosse un'elfa. 
Ma no, non poteva esserlo. I suoi modi gentili erano comunque diversi. Come alieni.
La figura era nascosta da un pesante cappuccio di lana. Le sue dita sottili erano preservate da preziosi guanti di pelle lavorata. 
Sion accennò un inchino.
Lei si scostò blandamente la stoffa dal volto. I loro sguardi si incrociarono.
Come una lama. La mente della donna penetrò nell'animo di Sion scorrendo le pagine della sua vita, le sue emozioni, i nomi ed i volti del suo essere.
L'elfo rimase immobile, come pietrificato.
"Va tutto bene" - la voce della donna era calma e musicale.
"Sei calmo, la brezza ti sfiora il volto, e le tue palpebre sono pesanti, sarebbe così bello dormire adesso e godere di questa pace".
Sion socchiuse poco alla volta gli occhi.
"Adesso rilassati, assapora questo momento come se gustassi un frutto succoso". 
L'elfo sorrise e mosse senza volerlo le labbra scoprendo i denti bianchi e perfetti.
"Sarai così gentile da mettere le tue doti al mio servizio" - proseguì suadente la donna "Presto saprai tutto, quello che devi sapere adesso, quello che dovrai sapere in un dato momento, quello che dovrai dimenticare".
Sion annuì, oramai completamente soggiogato.
La donna sorrise. "Un monaco un giorno sognò di essere una farfalla che sognò di essere un monaco che sognò di essere una farfalla che sognò di essere un monaco".
Sion spalancò gli occhi. Era quasi l'alba oramai. La donna sparita. Cosa si erano detti?
Eppure c'era qualcosa che gli ronzava in testa che gli ricordava la sua voce.
"E quando si svegliò non seppe più se era monaco o farfalla".

mercoledì 27 agosto 2014

Logan - Incubo

“E così” dice Kashran, masticando un grosso boccone “ avete assalito quella carrozza”.
“Mh-mh”
“E poi tu...zak, zak!” continua il morfico, mimando il colpo tenendo la coscia di pollo come se fosse un’ascia “ hai fatto fuori le due guardie e sei entrato nella vettura per rapire la ragazza”
“Sì, è andata più o meno così”

Il morfico scoppia in una grassa risata, rovesciando una pacca amichevole, almeno nelle intenzioni, sul petto della figura sedutagli di fianco attorno al fuoco.
L’impatto è così forte da far cadere indietro il cappuccio.  Logan ricambia con un ringhio  lo sguardo divertito dell’amico.
“Fallo un’altra volta, Kash, e ti dovrai abituare a tenere il pollo con i piedi” dice il morfico, tirandosi nuovamente il cappuccio sul capo e aggiungendo dell’altra legna al fuoco. “Non sopporto tutta quest’umidità. Dovevamo proprio accamparci vicino alla palude?”
Kashran scuote la testa, divertito “Sei DAVVERO un piagnucolone. Possibile che tu sia di buon’umore solo quando combatti?”
“No. Sono di buon umore anche quando mi scopo tua madre” risponde Logan, strizzando l’occhio in maniera complice all’amico, un accenno di sorriso sul suo volto.

Oltre al chiassoso vociare dei diversi gruppi di briganti raccolti intorno ai diversi fuochi dell’accampamento, la notte è piuttosto silenziosa.
L’unica cosa che il morfico riesce a sentire è  il  fruscio e lo scricchiolio del fogliame causato dalle ronde di guardia e il crepitio del fuoco. Ogni tanto, qualche animale notturno fa notare la sua presenza. Ora il canto di un gufo, ora il richiamo di qualche mammifero in cerca di una compagna o di una preda. Una notte carica di nubi, così come di umidità.

“E poi, cosa ne avete fatto della tipa?” incalza Kashran “Ehy,lo mangi quello?”
Logan sbuffa, allungando la sua razione verso l’amico che, contento, se ne appropria senza proferire parola, girandosi di spalle per mettere al sicuro il “bottino”.
“Non ne ho idea. L’ho data al capo. Meno so, meglio sto. Sai che non mi piace...fare quelle cose” dice, cercando di nascondere l’aria di disagio dietro l’ombra proiettata dal cappuccio “Cazzo Kash, dovresti davvero mangiare di meno. Potresti esplodere”.

Per un istante, il tempo pare fermarsi. Il fuoco sembra proiettare più scintille del dovuto, tutto sembra muoversi con eccessiva lentezza. Anche la foresta sembra essere diventata silente di colpo.

Kashran si gira verso Logan. La sua pelle è nera, carbonizzata, spaccata come zolle di terra arida. Gli occhi sono velati da una patina biancastra, socchiusi in una espressione crudele. La  parte destra del volto del morfico è mancante, aprendo sul suo volto un macabro ghigno.
“Scoppiare?” gli chiede, divertito “Non l’ho forse già fatto una volta?”
Logan spalanca gli occhi, a meta tra la sorpresa e il raccapriccio. Cerca di alzarsi, ma il suo corpo sembra essere troppo pesante.
Con un rumore di cuoio teso, Kashran, o ciò che era, sorride.

Logan artiglia il terreno, scalciando, provando a tirarsi indietro da quello che, una volta, era il suo migliore amico.  Il fuoco sembra avvolgere il volto di Kashran, gli occhi sembrano illuminarsi mentre si avvicina al morfico.
Logan urla, provando invano a strisciare indietro. La polvere alzata dai suoi stivali contro il terreno colora la scena di un alone color arancio.
Kashran è sopra di lui,  continuando a sorridere. Si lecca le labbra, con quella che sembra essere una lingua biforcuta. Anche la pelle sembra diversa.  Non più tessuto carbonizzato, ma nere scaglie lucenti. Dalla parte mancante del volto fanno capolino delle zanne.
“Hai paura, amico?” sibila la creatura.
E si, Logan ha paura. E’ terrorizzato. E’ quasi una sorpresa. Non provava paura per se’  stesso da tanto tempo.  Non riesce a parlare.
La creatura socchiude gli occhi, le iridi come quelle di un rettile. La testa è quella di un grosso serpente. Quella di un drago. Un drago nero

“Sapevi che sarei tornato. Lo sapevi che avrei finito quello che non ho potuto portare a termine.”
Kashran si piega su sé stesso, inarcandosi, emettendo un gemito soffuso. Con un rumore secco, gli abiti si strappano, e degli speroni ossei, anch’essi neri, emergono dalla sua schiena.

Le mani della creatura artigliano il terreno a pochi centimetri dai piedi di Logan.  Le dita si contorcono. La pelle si apre, liberando, laddove avrebbe dovuto colare sangue, una bile violacea dall’odore acre. Le ossa si rompono, rimodellando gli arti come degli artigli di rapace. La stessa pelle, prima di rettile, ora diventa come d’acciaio. Kashran alza la testa, nuovamente tramutata. Ora e’ un cappuccio, che racchiude al suo interno una tenebra imperscrutabile. Gli stessi speroni si sono fusi, creando un manto.
Logan è paralizzato.  Sente di star piangendo. Sente le lacrime solargli il volto. Sente l’odore del sangue, del suo sangue.
Kashran si mette in piedi, emettendo una rauca, lenta, malvagia risata di vittoria.


Quell’odore.
La mano si alza, pronta a colpirlo.
Quel simbolo.
Le fiamme si alzano dietro l’essere incappucciato,  quasi avvolgendolo.
Il colpo cala su Logan.

“NO!”
Logan sbatte le palpebre. Una, due, tre volte. E’ seduto sul suo letto. Le lenzuola sono madide di sudore.  Si trova nella sua stanza, quella nuova, quella che ha fatto prendere Deneb. Attorno a lui, l’odore familiare dei suoi oggetti, della locanda.

Il corvo gracchia, allarmato. Vola verso di lui, atterrando sulle lenzuola, e lo guarda, piegando la testa di lato. Gracchia ancora, questa volta più forte.

Logan scuote la testa, cercando di liberarsi dalle ultime immagini del sogno.
Kashran.
Il drago.
L’essere incappucciato.

“Un altro incubo, Corax”, dice, tirandosi su e accarezzando con un dito la testa del corvo.  Le sue mani tremano ancora. Questa volta l’incubo era dannatamente reale.

Il morfico si alza, tirando via il sudore dal petto con una mano.
Stringe i pugni fino a ferirsi i palmi con le unghie, ringhiando. Le nocche iniziano a diventare bianche, ma Logan non pare farci caso., la sua mente ancora fissa sulla figura incappucciata. I suoi ricordi scorrono all’indietro, ritornando alla risata felice di Kashran.
Il pavimento è macchiato da sangue e sudore. Nella camera si respira un’aria strana. Un’aria di odio e vendetta.
 
“Ti troverò”, dice, con lo sguardo lontano “ Ti troverò e ti ucciderò”, continua il morfico mentre, ancora una volta, si prepara per la caccia.

martedì 26 agosto 2014

Un nuovo amico


Awh awh

Si sente solo il suo respiro. L'aria esce dai polmoni e si manifesta in una nuvola bianca.
Il cielo è terso e stellato. La neve che pervade il bosco ammantando il terreno ottunde i suoni e così anche il rumore dei suoi passi.
Le tracce sono fresche. 
Il lupo ondeggia con la testa allargando di tanto in tanto le narici.
Un invisibile filo d'Arianna lo guida in questo labirinto notturno.
Le luci ed i rumori della città sono lontani ed anche il popolo del bosco sembra come essersi chetato, come se piante ed insetti attendessero impazienti di assistere al miracolo della caccia.
Il lupo avanza inesorabilmente. La saliva scivola tra le fauci mano a mano che la preda si avvicina.
Ecco leggero il rumore di un ruscello.
La luce della luna si fa strada tra le fronte come uno spadaccino tra le lamine di una corazza.
Vicino all'acqua si smuovono alcuni sassi ad opera di un cerbiatto.
Le sue orecchie si muovono in tutte le direzioni perché la morte nella foresta percorre le vie a cui non si presta attenzione.
Il vento è debole. Il lupo lo sa.
Silenziosamente striscia di lato aggirando un grosso sasso.
L'erbivoro è teso ma ignaro.
Poi è questione di attimi. Secondi lunghissimi eppure così difficili da ricordare descrivere.
Un balzo. Le fauci che si aprono. La gola del cerbiatto che si flette ed il sangue che sgorga tingendo il ruscello.

"Quella era la MIA preda, stronzo!"
Logan era arrivato un istante troppo tardi. Il lupo ringhiò ma il morfico fece altrettanto. I suoi occhi si fecero gialli come quelli della bestia che pensò bene di arretrare.
Logan alzò le braccia ed ululò.
Il lupo scomparve nella boscaglia.
Logan si girò verso il cerbiatto con un misto di soddisfazione ed insofferenza.
Fu allora, e solo allora, che si accorse di un grosso corvo appollaiato su un masso che lo osservava da un lato, sbattendo le palpebre del suo occhio sinistro.
Il morfico sorrise. Il corvo aveva come un aria di sfida.
Logan allargò le braccia beffardo e sibilò "E tu che cazzo vuoi?"
L'uccello ruotò la testa e gracchiò prima di spiccare il volo per qualche metro e posarsi sulla carcassa.
"Anche tu vuoi la mia preda faccia di cazzo?"
Il corvo girò torse nuovamente il collo e poi beccò un occhio del povero animale.
"Ah ma allora mi sfidi!"
Logan sfoderò la balestra.
"Vedi che ora mi faccio anche un arrostino di pennuto"
La freccia si piantò lì vicino, di proposito, ma il corvo non si mosse. I
l volatile si limitò a spostarsi di poco.
"Hai le palle eh corvaccio"
Il nero emissario della notte gracchiò fragorosamente.

La porta della locanda si aprì dietro la mano di Logan, sporca di sangue incrostato.
Deneb, che era già a tavola e sorseggiava del vino, scosse la testa e sbuffò un "sei in ritardo".
Tabatha squadrò il morfico con quel misto di indifferenza e curiosità che solo lei possedeva.
Arianne sorrise e si alzò per abbracciare Logan.
"E quello?" - chiese la sacerdotessa osservando un grosso corvo appollaiato sulla spalla del morfico.
Logan sorrise.
"Il nostro gruppo si è allargato".

Logan - Tutti muoiono (Valar Morgulis)

Oltre il confine del Breland, Territorio di Thrane, notte, 200 metri dall’obiettivo

La guarnigione è a pochi metri da loro, scarsamente illuminata. Sull’ingresso svetta una immensa punta di lancia d’argento. Al suo interno, il bassorilievo di una fiamma. Il simbolo è talmente illuminato da riflettere un cono di luce che illumina il terreno antestante la piccola fortezza.

Come da programma, forti dell’oscurità proiettata al di fuori del cono, Logan e Luhad si portano ai lati dell’ingresso. E’ nell’ombra che agiranno.
I soldati cadono senza quasi nessun rumore. La gola tagliata in modo da soffocarli nel loro stesso sangue. Un gorgoglìo, ed è tutto finito.
Logan sa che sta succedendo la stessa cosa dall’altro lato. Nessun prigioniero, nessuno deve fuggire.

All’improvviso, un urlo, seguito da un clangore, segna l’inizio della fine. Una freccia è andata bassa, non colpendo il soldato al capo, ma andando a perforare l’addome. Il poveraccio è indietreggiato fino a cadere dalle mura. Un volo di una decina di metri.

Lasciandosi sfuggire una bestemmia, Logan guadagna l’ingresso della guarnigione , andandosi a nascondere al riparo di un carro. Lentamente, una ad una, i diversi baraccamenti si illuminano, e diversi soldati iniziano a sciamare all’interno dell’accampamento.

“Se ci scopriranno, sarà una carneficina”.

Logan sente i propri sensi acuirsi, la pelle diventare più spessa. Sente i muscoli flettersi. La trasformazione è completa.

Uscendo allo scoperto, balestra in pugno, Logan inizia a correre. Un dardo gli sfiora il volto. Un soldato è uscito allo scoperto per colpirlo. Logan, senza fermarsi, spara. Il dardo va a conficcarsi nella gola del soldato, che cade in ginocchio afferrando il quadrello con le mani. Un colpo fortunato.
Sarebbe potuto toccare a lui.

In pochi istanti, la fortezza diventa più popolata di un mercato.
L’aria si riempie del sibilo delle frecce, del rumore secco delle balestre, e delle urla dei feriti e dei combattenti

Logan getta via la balestra per estrarre le due asce. Non ha tempo di ricaricare.

Correndo, sorpassa un suo commilitone che vaga senza una apparente meta, sguardo lontano, una mano premuta su quello che prima era il suo braccio, ora un moncherino grondante sangue.

Senza pensarci, con un ringhio, balza in mezzo a due soldati. Approfittando della spinta data dal suo balzo, compie una piroetta, affondando l’ascia nel petto del primo, e mettendo a bersaglio un calcio sul volto del secondo.

Con un solo movimento, para un fendente del soldato stordito con una delle sue asce, per finirlo con un arco che connette l’altra ascia con il collo dell’avversario.

Guardandosi intorno, vede uno dei cecchini impegnato in un duello con quello che sembra un umano troppo muscoloso. Il cecchino è in evidente difficoltà.

Riesce appena a fare due passi quando il mondo intorno a lui diventa un’immenso muro di fuoco. L’esplosione è così violenta che lo sbalza via, facendolo sbattere contro il muro di un edificio vicino.

E’ come se il tempo fosse rallentato. Vede figure agitarsi, figure in uniforme e figure familiari. Le vede danzare per un po’, avvolte dalle fiamme, per poi afflosciarsi al suolo. Non sente niente. L’unico rumore è un fischio assordante che sembra provenire dalla sua stessa testa . Prova a rimettersi in piedi. Va tutto a rilento. Qualcuno lo scuote.

Il morfico si volta, inebetito. Il sergente Highway. Sta dicendo qualcosa.

“...are!”

Cosa?

“..ripr...icio...are!”

Non capisce

All’improvviso, tutto ritorna. Le grida, il clangore delle armi, il chaos della battaglia.

“Logan! L’edificio! Lo vogliono bruciare!” urla il sergente, indicando un edificio su un lato della fortezza. Degli uomini in uniforme stanno armeggiando con dei barili, versandone il contenuto sulla facciata e sul terreno circostante.

Con un cenno del capo, scrollandosi il torpore di dosso, Logan parte alla carica. Sente l’odore del sergente dietro di lui, e di altri due morfici.

Il primo soldato non ha il tempo di rendersi conto di cosa succede. Il secondo viene mandato contro un barile dal sergente. Barcollante, ricoperto di liquido, fa un passo di troppo, avvicinandosi ad un incendio vicino. Prende subito fuoco, come paglia secca. Logan guarda la scena, incredulo, con occhi spalancati.

Keenan. Kashran.

Un dolore lancinante alla spalla Un dardo l’ha ferito. Ringhiando, inizia la sua danza della morte. Il motivo che l’ha reso una presenza oscura tra i suoi compagni. In breve tempo, seppur ricoperto di ferite, è l’unico ancora in piedi in mezzo a tre cadaveri.

Con la coda dell’occhio vede il sergente aprire la porta dell’edificio. C’è qualcosa di incredibilmente sbagliato.

Non ha il tempo di avvisarlo. Appena aperta la porta, il sergente viene investito da una salva di frecce. Il sergente, incredulo e tremante passa le mani sui dardi. Cinque dardi conficcati nel petto. Si gira verso Logan, gli occhi spalancati, sorpresi, un rivolo di sangue scorre da un angolo della bocca. Si accascia al suolo, cadendo sulle ginocchia.

“Logan...il...libro” dice, prima che una freccia lo colpisca al volto.

Logan sente un peso al petto. Sente qualcosa esplodergli dentro. Si accorge solo in un secondo momento di stare urlando.

Tutti quelli che combattono con me muoiono.

Una figura in armatura completa varca la soglia dell’edificio, lentamente. Volta il suo sguardo verso Logan.

L’elmo ha una cresta cremisi, l’armatura sembra fatta d’argento. Porta un grosso tomo in una mano. Nell’altra stringe una spada lunga. Sembra fatta anch’essa d’argento.

Con due rapidi fendenti, l’umano si libera degli altri due morfici.

Tutto quello che succede dopo, è confuso.

Logan, continuando ad urlare, carica l’umano. Almeno, ha l’odore di un umano. Il suo corpo è completamente ricoperto dall’armatura.

Il morfico attacca, furente. Non vuole danzare, ora. Vuole solo uccidere. L’umano non è bravo a schivare tutti i suoi colpi. L’armatura lo rende goffo, impacciato.

Ad un certo punto, il soldato recita delle parole, toccando Logan.

Il morfico prova un dolore lancinante, vede ferite aprirsi sul suo corpo.
Ridendo di soddisfazione, con una risata tetra, l’umano esegue un fendente, diretto al petto del morfico.
Logan riesce a schivare il fendente mortale con una piroetta, ma è troppo lento. Il dolore gli ottenebra i sensi. Ha perso troppo sangue. Ha schivato il fendente mortale, ma il soldato è comunque riuscito a ferirlo. Il colpo fa stranamente più male del colpo inferto da una spada normale. Colto nel mezzo della sua piroetta, Logan cade al suolo.

L’umano è sopra di lui.

“E ora, abomino, è ora di morire”, dice.

Logan alza lo sguardo, fissandolo con aria di sfida.

“Non ne sarei così sicuro”, dice. Con un urlo, con le sue ultime forze, colpisce con un’ascia il piede dell’avversario. Il colpo è così forte da troncare in due l‘arto.

Il guerriero ulula di dolore, lasciando cadere il libro.

Tutto il resto avviene in un solo battito di cuore.

L’ascia che morde la gamba del soldato. L’umano che cade al suolo.
Le asce del morfico che si abbattono sul petto del caduto. Il volto del morfico che viene macchiato dal sangue dell’umano.

Rialzandosi a stento, con il libro in una mano, e aiutandosi con la spada dell’umano, Logan si fa strada verso l’ingresso dell’avamposto. Ritirata. Il libro è loro. Quello che succede dopo, glielo racconteranno.

Il morfico ulula. E’ il segnale della ritirata. Un drappello di compagni, tra quei pochi rimasti, lo protegge, mentre cercano di guadagnare l’uscita. L’accampamento nemico è un inferno. Incendi divorano gli edifici circostanti, mentre alcuni soldati cercano ancora di combattere gli assalitori. Del suo drappello di guardia, solo due riescono ad uscire dalla piccola fortezza. Solo uno riesce a tornare con lui nel bosco. Sara’ lui che lo riporterà al suo accampamento. Logan non saprà mai suo nome. L’unica cosa di cui si ricorderà è una voce sprezzante e l’odore di un giovane umano.

Logan - Una missione pericolosa

Confine del Breland con il Thrane. Accampamento, poco dopo la mezzanotte.
“Allora, inutile feccia, statemi bene a sentire” dice il sergente Highway, percorrendo avanti e indietro l’interezza della fila composta dai suoi sottoposti.
“la missione di oggi è una delle più rischiose in cui voi merde vi siate mai potuti trovare. Per questo” , continua il sergente ,”pretendo la massima...”
Il sergente si ferma davanti ad un morfico che, a dispetto di tutti gli altri, non è sull’attenti, intento a pulirsi le unghie con la punta di un grosso coltello.
“Logan...” dice il sergente, sussurrando il nome tra i denti, stretti in un ringhio
“Sergente...” risponde il morfico, alzando lo sguardo dalla mano e fissando l’umano con aria di sfida
Senza nessun preavviso, con un colpo ben preciso, Highway fa volare il coltello dalla mano del morfico e, dopo  uno sgambetto e una gomitata al petto, lo blocca per terra, con la faccia nel fango.
“Pulcioso bastardo” ringhia il sergente “come osi distrarti durante il mio discorso?”
Cercando inutilmente di divincolarsi dalla stretta ferrea del sergente, e annaspando nel fango, Logan riesce soltanto a gorgogliare.
“Fo...fottiti Highway. Fottiti tu, l’eser...l’esercito e il tuo culo pall..”
Il morfico non riesce a finire la frase. Una luce bianca, dolore puro, gli annebbia i sensi. Dopo, il buio.
Una secchiata d’acqua fredda. (non solo acqua, da quanto riesce ad annusare il morfico) lo fa rinvenire. Con un grosso sforzo, come se stesse annegando, Logan riempie i polmoni d’aria. Ha i polsi legati dietro la schiena.  La sensazione sgradevole del legno sul corpo nudo. L’odore di sangue e sudore stantio permea l’aria. E’ sulla Sedia. Sara’ la terza volta questo mese.
Davanti a lui, il sergente Highway si  arrotola un panno attorno alla mano destra.
“Bene bene bene, il cucciolo si è svegliato” dice con aria apparentemente crudele, prima di sferrargli un pugno in pieno volto.
Tutto diventa di nuovo bianco, ma Logan non sviene.
Qualcuno lo rimette di nuovo diritto. Il pugno è stato così forte da far ribaltare la Sedia.
Highway, un umano, è piuttosto avanti con l’età per il ruolo che ricopre. A dispetto degli anni, però, ha ancora una muscolatura e una forza di tutto rispetto. I capelli grigi tagliati corti intorno al cranio, la carnagione abbronzata, la pelle tesa come la membrana di un tamburo.
E’ l’esatta incarnazione dell’immaginario comune del sergente.
E’ l’esatta incarnazione degli incubi di Logan.

“Tu, morfico, mi ubbidirai” dice, scagliando un altro pugno centrato al petto del brigante. “Tu, morfico, farai quello che ti dico di fare!” urla, mentre aggiunge nuovo dolore al corpo di Logan, con un gancio diretto al suo mento.


“Tu mi odi, figlio di puttana. E fai bene ad odiarmi” dice il sergente, artigliando il volto di Logan con le sue immense mani. “Sappi però, bastardo, che io sono giusto.” La stretta si trasforma in un pugno “Sono giusto, e se ti comporterai bene e mi ubbidirai...”.  Il pugno trova una nuova casa sul naso di Logan “Sarai premiato”.


Due ore di pestaggio, due ore di “Rinforzo della disciplina”, come la chiama Highway. Dopo quelle due ore, Logan sa già cosa lo aspetta. Corsa nel fango, allenamento con le armi, altra corsa. Nessun pasto.


Accanendosi contro  il manichino di legno e paglia, Logan non fa caso alle vesciche che gli si aprono sulle mani.


“Fanculo, Highway. Fanculo tu e l’esercito”


Il manichino esplode, mandando frammenti di legno e mucchi di paglia ovunque.


“UN ALTRO!” grida il morfico agli inservienti, “NE VOGLIO UN ALTRO!”


Mentre gli inservienti posizionano un altro manichino, il terzo, Logan sente una presenza avvicinarsi alle sue spalle. Un umano. Joyce.


Il viso solcato dalle lacrime, si avvicina a Logan. E’ evidentemente scosso.


“Lo...Logan...” balbetta, mentre nuove lacrime iniziano a scorrere. Joyce, Joyce il baro,  non è mai stato tagliato per questa vita, pensa Logan.


Logan si asciuga il sudore dalla fronte con un avambraccio, tenendo ancora strette le asce in pugno.


“Parla, Joyce. Cosa vuoi?” dice, glaciale

“Si...si...si tratta di Keenan” dice l’umano, prima di scoppiare in un pianto dirotto. Trema. E’ sotto shock.


Keenan. Keenan il topo. Keenan il mingherlino. Kennan, il suo amico Keenan.


Logan abbassa lentamente le asce, realizzando che, se Joyce è venuto a chiamarlo, non dev’essere niente di buono. Sente il battito cardiaco aumentare all’infinito. Sembra che il cuore voglia esplodergli dal petto. Senza dire nulla, inizia una corsa disperata. L’infermeria, sarà sicuramente lì. Keenan. Keenan il topo.

Quello che trova non è quello che si aspetta. Facendosi largo tra un gruppo di persone, alcuni feriti in modo più o meno grave,  non riesce a vedere il suo amico. Quello che vede, invece, è il corpo di un morfico orrendamente sfigurato da qualcosa che sembra averlo ustionato fino ad esporre le ossa in alcuni punti. Riesce ancora a respirare, con molta fatica.


“L...L...Logan” prova a dire il morfico, con una voce rauca, simile ad un sussurro.


Il morfico si rende conto di star stringendo le sue asce con così tanta forza da aver sbiancato le nocche. Le lascia cadere, per chinarsi vicino al suo amico.


“Non parlare, Keen. Risparmia le energie” dice Logan, sussurrando a sua volta.


Solo in un secondo momento, nota Highway. Il sergente ha un rivolo di sangue che sgorga dalla tempia destra. Scuote la testa, fissando Logan con faccia funerea, per poi distogliere lo sguardo.


Qualcosa ha orrendamente sfigurato il morfico. Qualcosa che riempie la memoria di Logan di orrendi ricordi.


“Ero...ero....nascosto, come sempre...” dice Keenan, sputando sangue e una sostanza nerastra


Keenan il ratto. Il suo compito era di nascondersi  e spiare il nemico, oltre a  sbarazzarsi di tutti quei poveri diavoli che, incautamente, avessero girato da soli vicino al suo nascondiglio.


“Ero nascosto...e li vedevo, Logan...li vedevo...”

“Keen, non....”


Logan non fa in tempo a finire la frase.  Il corpo del morfico viene scosso da violenti fremiti, per poi fermarsi all’improvviso. Un ultimo respiro, e Keen il topo rimane fermo sul letto. Immobile come una bambola rotta. Carbonizzato fino alle ossa.


Logan sente la rabbia impadronirsi di lui. Vuole avere vendetta. Vuole uccidere chiunque abbia ridotto così il suo amico.  Raccoglie le asce, si alza, guardando il sergente con un’espressione di gelida determinazione. Quello che accade dopo, segnerà per sempre il futuro del morfico.

Inaspettatamente, Logan porge la mano al sergente.


“Aiutami.” dice il morfico, la mano ancora tesa verso il sergente.


Highway non capisce. Nello sguardo del morfico non riconosce più il rinnegato. Non vede più il ribelle. Vede una promessa.


“Ai fantocci”


Con un cenno di intesa, il sergente si incammina verso l’uscita.

Logan cade in ginocchio, il clangore delle asce sul pavimento riecheggia per tutta l’infermieria.

Piange. Piange per Keenan, piange per Kashran. Piange per se stesso.


Le settimane seguenti sono un susseguirsi di missioni e di allenamenti per Logan. Parla pochissimo, dorme altrettanto poco e mangia solo per nutrirsi.


Ha guadagnato il rispetto del sergente, che ormai lo riguarda come un suo secondo. Di gradi neanche a parlarne. Troppe punizioni, troppe volte ha visto la Sedia. Ed è un rinnegato.

Alcuni, soprattutto le nuove reclute, lo evitano. Una presenza troppo oscura da sopportare. Uno sguardo gelido, un’aura di ferocia lo circonda.



 



Oltre il confine del Breland, Territorio di Thrane, notte, orario sconosciuto


“Al cambio della guardia avremo circa due minuti per far fuori le guardie e cogliere il cambio alla sprovvista. Se non ci scopriranno, sarà un inferno. Se ci scopriranno, sarà una carneficina. Ricordatevi, signori” dice il sergente.

Nuove cicatrici in più, capelli più bianchi. Al suo fianco una figura vestita completamente di nero. Logan. Fissato su una spalla il teschio di un topo.

“Voglio la massima discrezione. Voi due, cecchini, farete fuori le guardie sul parapetto. Il tempismo è tutto. Logan...” continua il sergente, indicando il morfico con un cenno e l’accenno di un sorriso “continua tu.”


Logan si irrigidisce per un istante, mettendosi sull’attenti.


“Io e Luhad uccideremo le quattro guardie, prima e dopo il cambio della guardia. Nares e Yolas uccideranno le altre due sul parapetto.” dice il morfico, disegnando degli schemi sul terreno  “La guarnigione si trova arroccata in una piccola fortezza. Non ci sono molti uomini a presidiarla, ma secondo le fonti dell’alto comando è un punto di attracco importante. La fortificazione si affaccia sulla baia del lago.”continua il morfico.


Logan guarda tutti i suoi compagni. I “Bastardi di Greenhaunt”.


“Sarà nostro compito bonificare l’avamposto e recuperare tutto il materiale. E’ di vitale importanza che non scappi nessuno. E che non abbiano il tempo di raggiungere questo edificio” , aggiunge “Se dovessero raggiungerlo”, continua, “darebbero fuoco a tutto. E alcuni di voi saranno per niente.”


“E quale sarebbe questo materiale, Logan?” dice un giovane umano, con tono sprezzante.


Logan lo guarda, gelido e determinato.


“Libri.”


“Le barche, andranno affondate qui e qui. Cosi, grazie al fondale basso, chiuderemo la baia. “ continua il sergente. “Ci sono domande?”


“Una, signor sergente, signore.” dice Logan.


“E allora falla, morfico.”


“Quando ci decidiamo a partire?”